Per lavorare in editoria non è necessario vendere la nonna, la madre o se stessi. Essere raccomandati o figli d’arte potrebbe aiutare, ma non essendo l’una o l’altra cosa non posso portare una testimonianza diretta.
Questo ambiente è piccolo, a volte asfittico, e capita di incontrare le stesse persone nelle redazioni, ai festival letterari, alle presentazioni, ecc. Lo spazio è limitato e la competizione altissima. Inoltre, negli ultimi anni la contrazione del mercato del libro ha comportato il taglio di numerosi posti di lavoro all’interno delle case editrici, che hanno preferito esternalizzare parte del lavoro redazionale o “assumere” dipendenti con la Partita Iva.
Dipendente o freelance?
Insomma, c’è spazio nelle redazioni oppure è meglio rassegnarsi?
Le redazioni non si sono ancora svuotate, tuttavia un futuro da eterni precari è molto probabile. Anche nel caso di assunzione, le possibilità di lavorare per lungo tempo nello stesso luogo sono esigue. Lo testimoniano, per esempio, i frequenti cambi di addetti stampa: le persone sono quasi sempre le stesse, che periodicamente migrano da casa editrice a casa editrice, alle volte tornando al punto di partenza.
E non sempre le condizioni economiche sono favorevoli: si propongono stage non pagati dove vengono richieste competenze già avanzate, si sfrutta il lavoro di dipendenti e collaboratori sottopagandolo o pagando con mesi, se non anni, di ritardo. Anche la realtà di service editoriali e agenzie di traduzione non è molto diversa, se consideriamo che quelle maggiori subappaltano lavori ad agenzie più piccole, costrette a tenere tariffe molto più basse. A pagarne le spese, ovviamente, redattori e traduttori che percepiscono compensi lordi irrisori.
Il magico mondo della Partita Iva è per tutti quelli che restano? No, perché ogni persona ha attitudini e preferenze diverse. Essere freelance significa avere una piccola azienda da portare avanti da soli. Si possono avere collaboratori, ma il libero professionista è contemporaneamente il CEO e il dipendente. Deve avere competenze trasversali che vanno oltre il mero svolgimento della propria mansione (nel mio caso, editare un manoscritto): gestione del cliente, amministrazione, parte fiscale e commerciale, promozione e tutto quello che sta nel mezzo. Insomma, non è solo lavorare da casa, a letto, ancora in pigiama alle quattro del pomeriggio.
Dove e come cominciare?
Il Dio della Letteratura opera in modi oscuri: i percorsi per lavorare in questo settore sono molto diversi e non ce n’è uno migliore degli altri. Ognuno si crea il proprio, sperando di avere abbastanza fortuna da veder realizzato l’obiettivo che si è prefissato. C’è chi ha una laurea in Lettere, chi passa per la Scuola Holden di Baricco, chi viene dall’ambiente universitario, chi esce dal Master della Fondazione Mondadori, chi da qualche corso proposto da case editrici e chi ha una vita segreta da blogger.
L’età non è un problema, ma se hai cominciato tardi (diciamo oltre i quaranta, indicativamente) potrebbe essere difficile trovare un posto fisso in una redazione, senza una lunga esperienza alle spalle. Puoi comunque proporti come freelance e occuparti della parte che più ti interessa (correzione, traduzione, grafica, digitale, ecc.).
Alcuni consigli per cominciare – le basi (ovvero sapere bene l’italiano e la grammatica), confrontarsi con altre persone e approfondire – sono gli stessi che ho nominato nell’articolo dedicato agli aspiranti editor. Gli altri dipendono dal lavoro che vuoi svolgere: redattore, traduttore, correttore di bozze, agente letterario, illustratore, grafico, consulente, libraio, ufficio stampa e ufficio diritti ecc. Vediamone alcuni di generali e validi per tutti.
✓ Conoscere il settore
Per muoverti consapevolmente nel mondo editoriale devi imparare a conoscerlo, e conoscerlo molto bene, perché le insidie sono sempre dietro l’angolo e nessuno si scuserà per essersi approfittato della tua ingenuità (purtroppo).
Comincia leggendo blog e siti letterari, seguendo gli operatori culturali, approfondendo il funzionamento della filiera editoriale, dallo scrittore alle librerie senza tralasciare i passaggi intermedi, e non dimenticare l’attualità, come le trattative dell’acquisizione RCS Libri, l’affaire Amazon nelle sue sfaccettate varianti, l’accordo con Giunti, ecc. Nessuna conoscenza è superflua per capire il quadro generale all’interno del quale ti muovi.
✓ Formarsi
Il mondo del libro cambia, si aggiorna come un software e tu devi fare lo stesso se non vuoi rimanere indietro. Puoi studiare da solo, oppure frequentare corsi tenuti da altri, l’importante è non trascurare la formazione personale. Per esempio, se ti occupi di social media management per l’editoria, è fondamentale conoscere i cambiamenti delle piattaforme online, i nuovi trend, i nuovi strumenti e il loro utilizzo. Invece, se fai l’ufficio stampa editoriale, non puoi trascurare i blog letterari, la loro evoluzione e come sono cambiati i rapporti con gli influencer della rete.
Se scegli di frequentare uno o più corsi, prima di iscriverti e pagare la quota controlla l’ente o la casa editrice che lo organizza, il curriculum del docente e la sua presenza online, il programma del corso e le opinioni sulle precedenti edizioni. Che sia saggio frequentare quel corso di social media tenuto dal dipendente oscuro della casa editrice ancora più oscura che non ha nessuna esperienza da social media manager o strategist? E quello su come funziona l’editoria tenuto da un docente che non ha mai lavorato per realtà più grandi della casa editrice di paese?
Nel sottobosco editoriale, invece, è normale parlare per sentito dire o luoghi comuni, quando non si ha esperienza di lavoro diretta con case editrici medio / grandi o con altre realtà che non siano la propria. Scegli con cura i professionisti a cui affidarti per la tua formazione.
✓ Essere proattivi
Non aspettare che le opportunità ti bussino alla porta il martedì mattina alle dieci, quando sei fresco e riposato, ma creale. Apri un blog e racconta le tue esperienze, come ho consigliato alla mia correttrice Cristiana, oppure lavora a un progetto personale che ti diverta e appassioni (tradurre quell’autrice ancora sconosciuta, auto-pubblicare un libro, gestire una pagina Facebook a tema…). Può essere qualcosa di nuovo, oppure che già esiste ma a cui hai aggiunto le tue conoscenze e la tua visione.
I progetti personali, se ben pensati e costruiti, ti aiutano a fare esperienza, a imparare e sbagliare senza pressioni o conseguenze gravi, perché sei tu che scegli quali strade seguire e come organizzarti. Inoltre, ti permettono di farti conoscere al di fuori della solita cerchia di amici e di ricevere, forse, proposte lavorative interessanti.
✓ Non svendersi
Anche se sei nuovo in città, non significa che puoi essere sfruttato in cambio di qualche voce da aggiungere al CV. Scegliere si può, basta essere sempre consapevoli dei vantaggi e delle conseguenze. Ha senso tradurre un libro per quell’editore di romanzi fantasy se ha tariffe misere, spesso non paga e se paga lo fa non a 90 giorni, e nemmeno a 180, ma a 360 o 700? Oppure lavorare per quell’agenzia che paga un editing meno di un euro a cartella, quando va bene?
✓ Lavorare bene
Sembra scontato, ma non lo è. Che sia il tuo progetto personale, lo stage redazionale o la prova per essere assunti, lavora sempre al massimo delle tue possibilità e mostra che sei capace di svolgere bene il compito che ti è stato affidato. La mediocrità lasciala a qualcun altro. Sii, invece, preciso, puntuale e rigoroso. I dettagli ti ringrazieranno.
✓ Sapersi proporre
Anche nel mondo del lavoro bisogna sapersi proporre, mostrare il proprio lavoro, parlare delle proprie esperienze e raccontarsi. Non tutti sono bravi allo stesso modo, ma si può migliorare, a partire dalle proposte scritte, quando si manda la propria candidatura, una prova di traduzione / correzione o la richiesta per una collaborazione.
I refusi sono banditi – niente virgole orfane, niente parole inglesi con la s al plurale, niente grammatica creativa – così come le presentazioni uguali a mille altre e poco personali e curriculum Europass con un elenco infinito di esperienze non inerenti alla posizione per cui ci si propone (aver fatto la barista alla Festa della Birra non è rilevante).
Infine, non scrivere ad altri freelance per avere un lavoro, non saranno loro a trovarlo al tuo posto. I liberi professionisti hanno già la loro rete di collaboratori, nel caso avessero bisogno di consulenze e di servizi extra, però potrebbero essere molto interessati a quel nuovo progetto che hai pensato.
Lieto fine
Lavorare in editoria non è impossibile, ma la passione non basta. Se davvero è quello che vuoi fare, perché ti piace, ti appaga e sei felice, fallo e impegnati per rimanerci. Al massimo, pensa a un piano B nel caso non dovesse funzionare. Tipo una pizzeria con menu letterario e sezione pizze speciali ispirate a suicidi celebri come Anna Karenina. È una mia idea, lo confesso, ma potrebbe essere divertente.
Bello! Brava! Spingi a migliorarsi sempre di più, imparando a sbagliare (e correggersi:D)
Grazie mille, Roberto, come sempre 😉
La pizza del suicida…me la segno come piano c! Grazie per il post schietto e realistico
La pizza del suicida è qualcosa che dovrebbe davvero vedere la luce 😉
Grazie a te per la lettura, Delia.
Post divertente e ricco di spunti.
Grazie mille, Maria 🙂
Molto bello il tuo post e sicuramente molto realistico. Mi invoglia comunque a provare ed entrare in questo mondo che ho imparato ad apprezzare un po’ troppo tardi (ebbene si sono una over 40 che tenta l’impossibile). Grazie per i tuoi consigli preziosi. Terrò presente comunque il piano B! Non si sa mai. Ciao.
Il post è stato scritto nel 2016, adesso siamo nel 2018 e prima che io completi il mio corso di studi passeranno circa altri sei anni (frequento ancora il liceo, quinto anno). Ciò mi porta a sperare in un possibile cambiamento della “drastica” realtà lavorativa da te descritta, eppure mi è difficile crederlo.
Leggere questo post potrebbe demoralizzare chi non è ancora del settore ma spera di entrarvi, ma è anche vero che trovare qualcuno che per una volta dica le cose per come stanno e non un semplice “andrà tutto bene se è il tuo sogno” è, in un certo senso, più…rassicurante (o magari sono semplicemente io ad andare contro corrente). In fondo meglio una dura realtà piuttosto che un evidente bugia perché diciamocelo, non è semplice riuscire in ciò che ci si è predestinati, neanche desiderandolo ardentemente; oltre che alle capacità e alla passione servono: pazienza, tanto impegno e sacrificio, rinunce e, perché no, un pò di culo (perdonatemi il termine) e gli agganci giusti (per me purtroppo inesistenti). Sarà difficile e ne sono più che consapevole eppure difficilmente mi tirerò indietro solo per questo. Bisogna sbatterci la testa autonomamente prima di poter affermare “ah, avevano ragione”, in quel caso però si potrà anche pensare, e con orgoglio, di averci provato e sperato fino alla fine; per quel momento (se mai per me arriverà e si spera sempre di no) mi assicurerò se necessario di avere qualche piano b a disposizione.