“Una delle cose che ho imparato è che dovevo piegarmi, altrimenti mi sarei spezzato. E ho anche imparato che è possibile piegarsi e spezzarsi allo stesso tempo.”
Raymond Carver, Fuochi, in Saggi sullo scrivere
Quant’è difficile – a volte, spesso – volersi bene? Essere piacevolmente egoisti, e senza sentirsi in colpa dopo. Missione quasi impossibile, vero? Però possiamo, e dobbiamo, provarci. Per esempio, la sottoscritta, quando finisce un lavoro difficile o un progetto impegnativo, si concede un regalo. Un auto-regalo, che lo sembra di meno solo perché posso decidere che sia una delle mie personalità a essere generosa con un’altra delle sue coinquiline mentali.
Così vado a fare shopping, mi tingo i capelli di qualche colore che brilla al buio, faccio ordini online equamente divisi tra Amazon e AliExpress, affinché la mia libreria e i miei cassetti dedicati alla cartoleria non conoscano miseria e privazioni.
A ogni nuovo planner Kikki.K (adesso sto corteggiando la Filofax The Original Duck Egg Blue A5 con l’ansia di un cacciatore di dote che avvista un’ereditiera), nonostante il mio agnosticismo convinto, apro una chat Facebook e mi confesso con Federica: “Ho comprato una nuova agenda”. E, come da copione, segue dettagliatissimo interrogatorio sul motivo e costo dell’acquisto, e la conseguente reprimenda perché possiedo già abbastanza planner da bastarmi per almeno un quarto di secolo.
Federica mi chiede sempre perché lo faccio e la spiegazione è semplice: dopo un bel po’ di tempo, ho capito che è giusto – anzi doveroso – gratificarsi quando sappiamo di meritarcelo o quando non siamo molto felici e abbiamo bisogno di un’iniziezione urgente di serotonina. A maggior ragione se sei un libero professionista che lavora a qualsiasi ora del giorno e della notte, che dorme poco, che pranza con il MacBook davanti al naso e non riesce a prenotare una vacanza decente.
Non dobbiamo sempre aspettarcelo dagli altri. Talvolta solo noi sappiamo quando ne abbiamo bisogno. Quindi, come la Regina di Attraverso lo specchio, proviamo a credere nell’impossibile, cioè che esistano più natali e compleanni per ricevere regali, anche se dobbiamo pagarceli di tasca nostra. È un po’ come andare la prima volta a mangiare sushi a pranzo da soli: all’inizio ci sentiamo un po’ a disagio, circondati da persone così socievoli che condividono il proprio pesce crudo con altri, ma poi ci abituiamo, ci portiamo un libro, o leggiamo le ultime notizie dallo smartphone, o pensiamo al lavoro, all’Università, al fidanzato che, questa volta le prende sul serio, si è dimenticato dell’anniversario quella sera.
Giustifico così l’ultimo ordine di materiale per l’ufficio e l’acquisto di un poster della Principessa Mononoke di Miyazaki, dopo essere sopravvissuta a un’estate sospesa e dimenticabile, scandita dalle tre “d”: “depressione” (ciclica), deadline (cicliche e pressanti anche loro) e decisioni. Ma per fortuna, ora che l’autunno è arrivato, le mattine sono diventate fredde, ho tolto dall’armadio la copertina beige della nonna e spento il climatizzatore, l’unico compagno nelle lunghe giornate estive di lavoro.
Quindi, quali sono i miei propositi e programmi per questa nuova stagione? Riuscire non solo a farmi regali materiali (che però come la pizza sono sempre graditi), ma a prendermi una pausa, del tempo per me stessa, sette giorni senza lavoro, scadenze, post da scrivere, stati da pubblicare, autori da seguire, strategie da pensare, collaboratori da inseguire, consulenze da pianificare, editing da finire.